Articolo pubblicato il 15 marzo 2025 sul sito www.criminologiaicis.it
La percezione mediatica della criminalità oggi non è più limitata esclusivamente ai media tradizionali come giornali e televisione, ma si estende con particolare incisività ai social media, piattaforme capaci di amplificare ulteriormente la diffusione e l’impatto emotivo delle notizie criminose. Riprendendo i concetti che sviluppai nella mia tesi di laurea dal titolo “La percezione mediatica del crimine”, emerge come la rappresentazione mediatica del crimine influenzi significativamente le percezioni sociali, spesso distorcendole rispetto alla realtà dei fatti.
Storicamente, l’approccio al tema del crimine nei mass media si è sviluppato attraverso due orientamenti teorici principali: uno che considera i media come fattori criminogenetici diretti, capaci cioè di indurre comportamenti violenti per imitazione, e l’altro che ne valuta gli effetti indiretti, ovvero come mezzi che costruiscono e rafforzano nel tempo una certa percezione della realtà sociale.
Con l’affermazione dei social media, queste dinamiche si sono ulteriormente amplificate: piattaforme come Instagram, Twitter (X), TikTok e il “vecchio” Facebook garantiscono una diffusione immediata e capillare di informazioni, spesso non verificate, contribuendo così al fenomeno noto come “agenda-setting”[1], già descritto da Maxwell McCombs e Donald Shaw, per cui l’enfasi mediatica data a certi fenomeni, specie violenti o sensazionali, influenza fortemente la percezione pubblica.
La rapidità e la natura virale dei social media tendono a favorire la spettacolarizzazione del crimine (crime infotainment), trasformandolo spesso in uno spettacolo pubblico che esaspera elementi emotivi, sensazionali e voyeuristici. Questo scenario, amplificato dall’uso di video, immagini o testimonianze immediatamente disponibili, spinge il pubblico verso interpretazioni parziali, sensazionalistiche e spesso stereotipate.
Inoltre, in questo contesto mediatico moderno, permane in Italia un retaggio culturale delle teorie lombrosiane, elaborate da Cesare Lombroso nella seconda metà del XIX secolo. Lombroso, padre fondatore della criminologia antropologica, sosteneva l’idea del “criminale nato”, ovvero di individui biologicamente predisposti alla criminalità sulla base di precise caratteristiche fisiche e psicologiche innate.
Benché ormai scientificamente superate, queste teorie continuano implicitamente ad influenzare la rappresentazione mediatica e l’approccio investigativo italiano, focalizzandosi spesso più sull’individuo sospettato, sulla sua personalità e biografia, piuttosto che sull’analisi rigorosa e oggettiva della scena del crimine e delle evidenze scientifiche.
L’enfasi sul presunto colpevole, ereditata proprio dalla tradizione lombrosiana, è chiaramente visibile nelle cronache criminali diffuse dai social media, che tendono a descrivere e giudicare pubblicamente i sospettati prima ancora del processo vero e proprio.
Questo fenomeno, noto come “processo mediatico”, può influenzare significativamente non solo la percezione pubblica ma anche il corso stesso delle indagini e dei procedimenti giudiziari.
Per contrastare gli effetti distorsivi della rappresentazione mediatica del crimine, si rende necessario un profondo cambiamento nella formazione e nell’approccio culturale.
È indispensabile valorizzare le metodologie investigative scientifiche e forensi e educare alla comunicazione equilibrata, oggettiva e rispettosa dei diritti delle persone coinvolte.
In conclusione, nell’era della comunicazione digitale e dei social media, occorre una responsabilizzazione ulteriore sia dei produttori di contenuti informativi sia del pubblico stesso, affinché l’informazione sul crimine sia meno sensazionalistica e più aderente alla realtà, equilibrata nei contenuti e rispettosa dei diritti fondamentali, evitando così le derive pericolose degli stereotipi lombrosiani, percezioni distorte e garantendo un approccio più rigoroso e scientifico alle indagini.
[1] L’agenda-setting è la teoria delle comunicazioni che ipotizza la possibile influenza dei mass-media (mass-news) sull’audience in base alla scelta delle notizie considerate “notiziabili” e allo spazio e preminenza loro concessa. Il postulato principale dell’agenda-setting è il salience transfer, cioè il rendere la notizia saliente rispetto alle altre; quindi, indica l’abilità dei mass media a trasferire un argomento da una agenda privata a quella pubblica d’interesse generale più elevato.