Dramma adolescenziale del nuovo millennio: profilo social sparito, follower volatilizzati, panico totale. Per i ragazzi di oggi, perdere l’accesso al proprio profilo non è affatto una questione di sicurezza, ma solo un enorme trauma emotivo. Qualcuno ha rubato la loro identità digitale, e la loro unica preoccupazione è… recuperare quei benedetti (?) follower!
La dinamica è sempre la stessa: “Ok, apro un nuovo profilo, lo comunico a tutti via WhatsApp, uso una password più difficile, e sono pronto a ricominciare.” Il concetto di sicurezza digitale sembra una meta lontana, mentre i ragazzi sono concentrati su cose, diciamo, più “concrete”: cuoricini, like, views. Altro che cybersecurity!
Ma di chi è la colpa? Colpa dei ragazzi? Dei genitori? Della scuola? Della tecnologia? O magari di tutti Noi, che spesso non riusciamo a insegnare loro le basi della sicurezza online? Le istituzioni varano delle ottime leggi sulla cybersicurezza, perfetto, ce ne è bisogno, ma serve soprattutto una cosa semplicissima: educare.
Parlare loro in un linguaggio che capiscano, senza fare lezioni in “legalese” o minacciare la confisca del telefono.
Piuttosto, iniziamo a costruire una cultura digitale solida, che non sia solo bloccare chi ci infastidisce o cambiare password ogni volta che perdiamo follower.
Social, internet e l’intelligenza Artificiale sono il nuovo mondo dove i nostri ragazzi si confrontano, comunicano (male) e imparano (poco), ma non possiamo toglierglielo; possiamo però insegnare loro a navigarlo senza perdersi – né tantomeno perdere i loro amati follower….
Ci considerano dei “Boomer”, ma non dimentichiamoci di essere dei “Tutor”, prima di tutto.
Post Scriptum
Tutor non è una parola di origine anglosassone, Il termine “tutor” deriva dal latino “tutor, -oris”, che significa “tutore” o “custode legale di un minore”. Questo, a sua volta, proviene dal verbo latino “tueri”, che significa “difendere” o “proteggere”.